A distanza di circa dieci giorni dall’uscita di Detroit: Become Human, è bene fare il punto della situazione.
Quando esce un nuovo titolo di Quantic Dream, sul web avviene un fenomeno strettamente collegato a questo evento.
Spuntano in rete editoriali, speciali, monografie sulla software house francese con l’intento di tratteggiare la storia produttiva dello studio di sviluppo di Heavy Rain e Beyond.
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Avviene lo stesso quando viene rilasciato un gioco Rockstar? E un gioco Bethesda? No.
Come spiegare questa “massima allerta” in occasione di nuove uscite made in Quantic Dream?

Il logo di Quantic Dream. Io quando vedo quelle gocce di pioggia, divento felice.
A Quantic viene, a ragione, riconosciuto il merito di aver inventato un nuovo modo di intrattenere i videogiocatori.
Nuovi concetti, nuove definizioni e nuove meccaniche sono state introdotte dalla software house creata da David Cage.
La nozione di film interattivo ha cominciato a circolare dal 2005, anno di uscita di Fahrenheit.
In un mare magnum di videogiochi in cui l’utente si adeguava a scelte preimpostate dagli sviluppatori, il thriller di Quantic Dream dava, con ragionevoli limitazioni, la possibilità di scegliere un proprio modo di comportarsi alle varie situazioni proposte, sottoponendoci alle conseguenze del caso.
Il marchio di fabbrica di Quantic Dream è il libero arbitrio.
Questo fattore giustifica la considerevole attenzione che pubblico e critica concedono ai suoi nuovi titoli in uscita.
I videogiochi “quantici” trasformano i videogiocatori in game director.
Come sceneggiatori, i gamer possono così plasmare una personale esperienza interattiva.
Il fondatore di Quantic Dream, David Cage, ha offerto agli appassionati del mondo videoludico questa opportunità, con la consapevolezza di non poter accontentare davvero tutti.
Cage, infatti, è osannato da molti, ma da molti altri non è assolutamente amato, anzi.
Vediamo, in breve, chi è David Cage.
David Cage: l’uomo che sussurrava ai giocatori
Per capire la personalità di David Cage e il suo approccio alla narrazione nei videogiochi, è necessario leggere alcune sue dichiarazioni rilasciate negli anni.
Durante il BAFTA Interactive Entertainment 2010, il game director ha affermato quanto segue:
“I giochi esplorano sempre le stesse cose. Riguardano solo l’essere potenti, essere i buoni contro i tizi cattivi – quella è solo una piccolissima parte di ciò che si può fare. Ci sono tante altre storie da raccontare, tante emozioni da provare – questo è un fantastico nuovo mezzo, abbiamo modo di fare molto di più di ciò a cui siamo abituati”.

Lui è David Cage, il fondatore di Quantic Dream.
Se questo non bastasse, ecco una sua dichiarazione rilasciata durante un’intervista con Gamesindustry.biz:
“Tutti i giocatori premono tasti con le dita, certo, ma le domande davvero interessanti sono: Cosa provano quando li premono? E ancora più interessante: cosa proveranno quando spegneranno la console?
Ci sono giochi che vi restano dentro per anni, proprio come accade con i libri e i film che amate: diventano parte di voi. Sono affascinato da queste potenzialità, perché i videogiochi possono portarvi verso luoghi differenti. I giocatori non sono solo spettatori, sono attori dell’esperienza e con le storie interattive, essi sono anche gli “scrittori” della storia. Il livello di immersione è diverso perché prendono decisioni, osservano le conseguenze delle loro azioni finché il gioco non diventa la “loro” storia. È semplicemente pazzesco quanto personale possa diventare”. (gameplay.it)
Essi sono anche gli scrittori… osservano le conseguenze delle loro azioni…
Queste due affermazioni riescono a riassumere perfettamente gli obiettivi che si prefissano le opere di David Cage, che di conseguenza vengono per così dire “create” anche dagli stessi videogiocatori.
David Cage si avvicina all’orecchio delle persone e sussurra loro: “Ora tocca a voi“.
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Prima di Detroit: Become Human
Detroit: Become Human è il quinto videogioco sviluppato da Quantic Dream. Gli altri titoli della “serie” sono:
- Omikron: The Nomad Soul
- Fahrenheit
- Heavy Rain
- Beyond: Due Anime
Nel 1999, uscì Omikron: The Nomad Soul, il titolo più “normale” tra quelli sviluppati da Quantic.

Omikron: The Nomad Soul è il primo videogioco sviluppato da Quantic Dream.
Fu pubblicato su PC e Dreamcast, mentre la versione per Playstation 2, purtroppo, non venne completata.
Omikron fece intuire che di quella software house si sarebbe parlato anche negli anni a venire.
La storia, come di consueto, trattava argomenti complessi e di grande rilevanza.
Il tema principale di Omikron era la trasmigrazione dell’anima.
Il protagonista, Kayl, era in grado di prendere possesso del corpo di altri personaggi per uscire indenne dalle situazioni più difficili.
La particolarità del gameplay di The Nomad Soul stava nel suo “trasformismo”.
Era il momento di impugnare un’arma? La visuale diventava in soggettiva.
Si dovevano usare i pugni per sbrogliare la matassa? Omikron si trasformava in un picchiaduro con la tipica visuale laterale.
Nonostante fosse un action, la libertà d’azione era totale.
Ogni singolo cittadino poteva essere interpellato, si poteva chiamare un taxi per attraversare la città, i supermercati e i bar erano liberamente esplorabili.
Il concetto di film interattivo, però, come abbiamo accennato, arriva nel 2005 con Fahrenheit.

Bello, bello, bello. Fahrenheit è un gioco semplicemente meraviglioso
Qui va fatto coming out: Fahrenheit è il mio videogioco preferito per PS2 e si trova nella top ten dei videogiochi che preferisco in assoluto.
Per un feticista del freddo e dei mesi invernali, Fahrenheit assume connotati quasi magici.
La gelida atmosfera che permea l’intera vicenda è la perfetta compagna di un thriller investigativo che, verso le battute finali, ingaggia tematiche occulte.
Lucas Kane è un ragazzo come tanti altri che vive una vita tranquilla.
Una sera, in un apparente stato di trance, compie un brutale omicidio nei bagni di una tavola calda di New York.
Il giocatore prende le redini sia di Lucas sia dei due detective chiamati a investigare, Tyler Miles e Carla Valenti.
Il nostro obiettivo è scoprire la verità, eludendo i tentativi della polizia di metterci le manette e, allo stesso tempo, fare luce su quell’omicidio e su altri efferati misfatti.
Immaginate di dover prendere delle decisioni per sviare le indagini e di doverne prendere delle altre per ottenere il risultato contrario.
Un trip narrativo che all’epoca lasciò piacevolmente sgomenti.
Il difetto più palese di quel gioco era rappresentato dal repentino cambio di stile narrativo avvenuto in corsa.
La storia prese infatti connotati occulti e fantascientifici con il sopraggiungere di personaggi poco coerenti con gli eventi fino ad allora narrati: l’Oracolo, gli androidi e le divinità Maya risultarono una forzatura fin da subito.

L’atmosfera di Heavy Rain è perfetta per chi ama la pioggia.
Fattore questo che ci porta a celebrare la maggior onestà del terzo gioco di Quantic Dream: Heavy Rain.
Nonostante a me piaccia di più Fahrenheit, devo ammettere che con Heavy Rain David Cage sia stato più sincero, più schietto.
Per qual motivo? Semplice: Heavy Rain inizia come un thriller e finisce come tale.
Un killer che uccide bambini e lascia un origami vicino al loro corpicino come segno distintivo, una città grigia e piovosa, quattro personaggi coerenti con il contesto e ben inseriti nella vicenda: un padre che perde le tracce di suo figlio e farebbe di tutto per ritrovarlo, un criminologo a caccia dell’assassino, un investigatore privato che cerca di aiutare le famiglie dei bambini scomparsi, una giornalista che indaga sul mistero.
Onesto, nessuna divinità che ci mette lo zampino, nessun avvistamento di oggetti volanti non identificati.
Nel 2013 è poi la volta di Beyond: Due Anime, che a mio parere è il titolo più controverso di Quantic Dream.
Ancora adesso non so se mi piaccia da morire o se lo ritenga il meno riuscito di Cage.

La bella Ellen Page mentre si sottopone al motion capturing per interpretare Jodie di Beyond: Due Anime.
Una storia troppo incentrata su un singolo personaggio.
Jodie ha un dono, anche se molto spesso sembra più una condanna.
Beyond: Due Anime si interroga su cosa ci sia dopo la morte e se questo “dopo” sia alla portata dei vivi.
In Beyond il protagonista assoluto non è più l’evento narrato che, negli altri titoli della Quantic, assorbiva i personaggi facendoli diventare attori di uno spettacolo fatto su misura per loro, ma è Jodie a calamitare su se stessa tutte le attenzioni.
In tutti questi casi, comunque, abbiamo un leitmotiv ben preciso: una struttura ramificata che chiede al giocatore di prendersi le proprie responsabilità.
Questa struttura è stata ampliata e amplificata nell’ultimo sforzo produttivo di Quantic Dream, Detroit: Become Human.
Diventare umani: come ti racconto la discriminazione
Detroit: Become Human, attraverso la fantascienza, vuole raccontare una realtà che non conosce limiti spaziali e di tempo: la discriminazione.
Non è la prima volta che questa tematica viene affrontata in un contesto fantastorico e che sembra troppo lontano dai nostri tempi.
Deus Ex: Mankind Divided lo ha fatto e ci è riuscito brillantemente coniando la definizione di apartheid meccanica.

Detroit: Become Human non è un semplice racconto di fantascienza. Le tematiche affrontate ci riguardano da molto vicino.
È proprio fissando una tematica così scottante in un tempo tanto distante da noi che i videogiochi riescono a dare maggior forza alle loro tesi.
La discriminazione non verrà mai debellata, affermare il contrario significa credere ancora nel coniglio pasquale.
La discriminazione non è legata a un’era, a un periodo storico: esiste e basta.
Quantic Dream, in un quadro generale di questo tipo, edifica probabilmente la miglior struttura a bivi mai creata.
Per capire quanto sia articolata questa struttura, ci affidiamo ancora una volta alle parole di David Cage, rilasciate durante un’intervista a Everyeye:
“Per Detroit abbiamo creato l’impianto narrativo più ramificato mai visto nella storia di Quantic Dream. Parliamo di una sceneggiatura 10 o 20 volte più ampia e complessa rispetto al passato. Abbiamo creato una colossale struttura ad albero, col desiderio di dare a ogni azione del giocatore una precisa serie di conseguenze”.
Per capire appieno le sue parole basta fare un esempio: se mettessimo nella stessa stanza dieci giocatori che hanno finito almeno una volta Detroit: Become Human, e li facessimo disquisire sulle scelte effettuate, avremo dieci versioni differenti dello stesso gioco.
“Alcune azioni hanno conseguenze all’interno della medesima scena o nella successiva, mentre altre potrebbero avere un impatto su sezioni di gioco ben più avanzate. Abbiamo inserito nel titolo qualcosa come 65.000 variabili e condizioni legate alle azioni del giocatore”.
Tornando sulla tematica affrontata. David Cage ha aggiunto:
“Con Detroit abbiamo voluto andare oltre, e creare un’esperienza in grado di entrare in risonanza con le problematiche del nostro mondo, che fosse socialmente rilevante. Non è un obiettivo facile da raggiungere, ed è qualcosa che difficilmente viene fatto nel panorama tripla A”.
I giochi di Quantic Dream sono dunque dei capolavori assoluti che non presentano lacune? No, anzi, scrivere sceneggiature così complesse può portare facilmente a errori e, sì, anche a banalizzazioni.
A Quantic Dream, però, non si può imputare la mancanza di coraggio e a lei va riconosciuta la volontà di rendere partecipi i giocatori su tutti i livelli, ponendoli al centro del lavoro creativo.
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