L’E3 2018 non solo sarà ricordato per la montagna di titoli annunciati, ma anche per la quantità di polemiche indignate per certe figure femminili all’interno di alcuni titoli videoludici.
Queste critiche sono inevitabili?
Perché i giocatori, che di solito si accaniscono su downgrade, DLC a pagamento e giochi buggati, infiammano gli animi e i toni nell’attaccare (o difendere) le scelte sui personaggi femminili delle software house? Cerchiamo di fare chiarezza.
Le basi del problema
Non è mia intenzione riportare complesse teorie psicologiche su pregiudizio, discriminazione o sessismo, ma è bene almeno ricordare che questi fenomeni sono riconoscibili ovunque.
Questa diffusione dipende dai media, che sono il mezzo più veloce e capillare con cui può essere diffuso un racconto o una notizia.
Per media s’intendono sia i canali più tradizionali come giornali o televisione, sia quelli più moderni come film e videogiochi.
Proprio questi ultimi rischiano di avere un peso enorme nella promozione di un determinato stereotipo, poiché il videogioco è l’unico medium nel quale il destinatario (ovvero noi giocatori) è parte attiva nel processo comunicativo.
Alcuni prodotti puntano a sfruttare questo concetto come leva, presentando una serie di luoghi comuni e stereotipi pensati per soddisfare una grande fetta di pubblico.
Com’è ovvio immaginare, circa il 90% dei giocatori è di sesso maschile (di cui la maggior parte composta da giovani e giovanissimi).
Per andare a colpire questo target in alcuni titoli sono inseriti elementi sessisti che possono far storcere il naso, per esempio, alle giocatrici, ma più in generale a chiunque non rientri nell’audience di riferimento.
Pensate a quanti giochi esistono in cui i personaggi femminili hanno uno spessore caratteriale pari a un foglio di carta, ma con forme tutt’altro che piatte.
O ancora, personaggi femminili che esistono solo per esaltare il protagonista maschile, oppure con armature che diventano via via meno coprenti tanto più aumenta la loro rarità.
Ovviamente ci sono ottimi esempi nel corso degli anni di come qualche sviluppatore abbia avuto il coraggio di andare controcorrente riuscendo a creare delle vere e proprie icone: Tomb Raider con la sua Lara ne è l’esempio più lampante.
Questo per dire che non bisogna generalizzare; ci sono videogiochi che puntano agli stessi target, ma che veicolano messaggi nettamente diversi.
Il videogioco sotto i riflettori
Negli ultimi anni i videogiochi, complici i canali social, le condivisioni di video sulle piattaforme streaming e mobile gaming, da medium di nicchia sono diventati mainstream: molte più persone se ne interessano e ci spendono dei soldi.
Come spesso succede quando una cosa diventa “di massa”, il videogioco comincia a essere analizzato da cima a fondo, arrivando a mettere in luce criticità che prima rimanevano nell’ombra.
Se da una parte questa “osservazione speciale” permette di ridurre i problemi legati agli stereotipi, dall’altra rischia di portare le persone a vedere razzismo e sessismo anche in prodotti “innocenti” (in un clima di caccia alle streghe).
Per evitare che venga puntato il dito contro i loro titoli, alcuni sviluppatori negli ultimi tempi hanno inserito al loro interno caratteristiche che puntano a ridurre la disuguaglianza tra maschi e femmine, facendosi, a loro dire, portatori di pari opportunità.
Tuttavia, come nel recente caso di Battlefield V (che introduce le donne nella Seconda Guerra Mondiale, non di meno a capo di intere squadriglie), queste scelte possono rivelarsi delle shitstorm, facendo piovere sul gioco tante critiche per l’utilizzo forzato di elementi politically correct da sfruttare per fare campagna di marketing.
Ora, quello che un giocatore interessato a queste tematiche dovrebbe chiedersi è se esiste una qualche variabile per riuscire a distinguere i titoli con stereotipi volutamente accentuati, quelli che sfruttano l’uguaglianza per puro interesse commerciale e quelli invece con tematiche realmente sentite per motivi emotivi o ideologici.
Noi una l’abbiamo trovata.
Il contesto
Analizzare il contesto di un videogioco è piuttosto semplice. Chiunque può contestualizzare gli elementi di un determinato videogioco facendo un ragionamento a ritroso fino a trovare una logica all’origine di una particolare scelta di game design.
Ragionare su tale variabile può farci capire se lo sviluppatore abbia cercato solamente di ingraziarsi una particolare fetta di utenza per ragioni di mero marketing, oppure se abbia compiuto la scelta seguendo la propria visione artistica/ideativa originale.
Vediamo dei concreti esempi di analisi di contesto:
– Il sopracitato Battlefield V (ambientato nella Seconda Guerra Mondiale) è stato criticato fin dal trailer di annuncio a causa della presenza, sia nella campagna e sia nel multiplayer, di soldati femminili che combattono in prima linea e che addirittura comandano interi plotoni.
Ora proviamo ad analizzare il contesto: il gioco è ambientato in un periodo storico nel quale la figura maschile era centrale e la donna era relegata ad attività semplici.
Le donne nel Secondo Grande Conflitto c’erano, ma avevano ruoli amministrativi e di supporto, ben lontani dal combattimento in prima linea.
A questo punto si può facilmente capire come tale scelta sia stata probabilmente dettata per attirare le simpatie delle videogiocatrici, che altrimenti non sarebbero interessate a un gioco di guerra.
Quindi in questo caso il contesto ci dice che la scelta è stata fatta per vendere a un maggior numero di persone, raggiungendo meglio anche il pubblico femminile.
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– Assassin’s Creed Odissey: in moltissimi hanno criticato l’inserimento da parte di Ubisoft della possibilità di scegliere una protagonista donna ai tempi della Grecia Antica.
Pensiamo al contesto: I personaggi di Assassin’s Creed sono solitamente cresciuti e addestrati in una setta inventata.
Quindi, le regole di questo contesto, potevano essere arbitrariamente scelte dagli autori.
Poteva ad esempio essere necessario addestrare la prole, indipendentemente dal sesso, in modo da far proseguire la linea di discendenza degli assassini.
Non stona quindi il fatto che si possa vedere una donna combattere con tanta abilità nonostante il periodo storico, anche perché lo stile di combattimento degli assassini si basa sulla furtività, che è favorito dalle esili figure femminili.
Secondariamente, essendo un GDR single player, non solo si potrà scegliere se giocare con un personaggio maschile o femminile, ma non si sarà costretti a “convivere” con scelte estetiche fatte da altri giocatori come nel caso di Battlefield V.
Ecco dimostrato come l’analisi del contesto operata su due titoli in uscita che sono stati criticati per l’inserimento forzato di figure femminili, ha portato a conclusioni opposte.
In Battlefield c’è un’evidente scelta forzata per motivi commerciali, in Assassin’s Creed una possibile evoluzione della trama.
Spero che quest’articolo possa fornirvi una linea guida, o al massimo un spunto di riflessione in più, quando ci si trova a discutere di questi argomenti, sempre molto “sentiti” dalla community.
Diteci che ne pensate di queste tematiche e se vi siete mai fermati ad analizzare il contesto di un videogioco 😉
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