I videogiochi, si sa, sono sempre stati e sono tuttora in continua evoluzione: così anche il tasso di sfida per il giocatore è cambiato con essi. Proviamo a vedere come la difficoltà si è evoluta (o involuta) durante il corso degli anni
Se come me siete videogiocatori over 20, potete provare a fare un piccolo esercizio: immaginate di mettere in ordine di difficoltà i titoli da voi giocati nel corso della vostra “carriera videoludica”.
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Fatto? Bene, sono pronto a scommettere che nella vostra ipotetica lista dei giochi più difficili la maggior parte delle prime posizioni sia occupata da titoli con data di uscita che non va oltre la prima metà degli anni ’90.
Come è facile immaginare i videogiochi cambiano col passare degli anni, tra generazioni di console più potenti, nuovi generi videoludici e nuove esigenze di noi videogiocatori.
Sono proprio queste esigenze il perno del cambiamento che fanno sì che elementi come appunto la difficoltà si “adattino” al pubblico in un dato momento (è la base dell’economia: il mercato si adegua ai bisogni e alle richieste dei consumatori).
Confrontando alcune caratteristiche dei giochi di 20-30 anni fa con quelli moderni l’abbassamento della difficoltà generale appare evidente, ma lascia che ti spieghi meglio, ora proverò a fare qualche esempio.
I Giochi Moderni sono diventati più Facili?
Tanto per cominciare in passato si entrava quasi sempre nel vivo dell’azione fin da subito, niente suggerimenti di tasti a schermo, niente livelli tutorial, non solo i comandi, ma anche moltissime delle meccaniche del gioco dovevano essere scoperte in autonomia, con prove ed errori.

3 vite soltanto, una volta finite si ricominciava tutto.
Come eredità dai cabinati arcade, nei vecchi titoli c’erano le vite.
Si partiva con 3, se ne potevano raccogliere altre certo, ma erano ben rare, e una volta finite quelle la schermata di Game Over arrivava inesorabile.
Vite infinite e Checkpoint
Ora le vite sono infinite, muori, rinasci e ripeti fino a che il risultato non cambia.
A proposito di ripetizione, non dimentichiamoci che un tempo non avevamo checkpoint o salvataggi che permettevano di riprovare praticamente subito una zona ostica!
A un certo punto sono arrivate le password e il selettore di livelli, una novità introdotta per venire incontro alla longevità sempre maggiore dei videogiochi e non come facilitatori.
Far aumentare i Videogiocatori
Se si pensa a queste “semplificazioni” dal punto di vista economico questi cambiamenti dovevano prima o poi arrivare: per allargare il bacino d’utenza bisognava risultare interessanti anche per chi non aveva tanto tempo da dedicare ai videogiochi.
In effetti le caratteristiche sopracitate vanno proprio ad aumentare la fruibilità da parte di chiunque del videogioco stesso.
La soddisfazione dopotutto viene solo dopo aver superato una sfida, ma se questa si dimostra troppo frustrante e lunga il giocatore “occasionale” finisce per abbandonare il tutto.
Di conseguenza chi crea il gioco, che questi concetti li sa bene, per raggiungere la più ampia fetta di pubblico possibile, deve fare in modo che pressoché chiunque abbia una gratificazione più immediata rispetto a prima.
Critiche e Possibilità
Sparare a zero sulla situazione, urlando allo scandalo, potrebbe essere il primo istinto di tutti coloro, me compreso, che hanno visto avvenire questi cambiamenti, tuttavia sarebbe sbagliato generalizzare e fare solo critiche.

Wolfenstein – The New Order.
Sempre più giochi, infatti, permettono di scegliere tra un’ampia scelta di livelli di difficoltà e facilitazioni in modo da poter personalizzare la propria esperienza di gioco (e, diciamocelo, almeno una volta ognuno di noi si è trovato a lodare la presenza di un checkpoint dopo un punto particolarmente ostico).
Negli ultimi tempi tuttavia, proprio a causa dell’insistenza di molti gamers vecchia scuola, dal panorama videoludico sta emergendo una branca di titoli (definiti hardcore games) che rifiutano alcune delle facilitazioni moderne per tornare ad un approccio più duro e impegnativo.
I titoli recenti più Impegnativi
Rientrano in questa categoria i Souls e tutti i loro derivati (Lords of the fallen, Ni oh), i platform indie (come Super Meat Boy) e i procedurali (come The Binding of Isaac e Rogue Legacy).

Dark Souls 3
I titoli sopracitati non solo richiamano i giocatori a cui mancano le sfide del passato, ma attirano l’attenzione anche di giocatori più giovani dato che sono molto seguiti tramite streaming e video su Youtube a causa della quantità dei fail e dei rage che la difficoltà genera (non è un bel motivo, sono d’accordo con voi, ma alle leggi del mercato purtroppo non si comanda).
Nella mia visione dunque nei prossimi anni potremmo aspettarci una convivenza tra titoli cosiddetti “per tutti” e titoli più hardcore, con sempre più sfumature nel mezzo, per raggiungere fette sempre più ampie di consumatori.
E voi come la pensate? Come avete vissuto questi cambiamenti? Fatecelo sapere nei commenti qui sotto o nella nostra pagina Facebook.
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